Ispirata da un post di una collega, mi sono trovata a rimuginare su un aspetto della vita con il cane a cui i più non pensano (o non vogliono pensare) quando decidono di adottare. Sto parlando della vecchiaia del cane. Poter arrivare insieme a lui/lei a questo momento della sua vita è una immensa fortuna e un insperato privilegio di cui non tutti possono godere, ma può essere anche un periodo della vita davvero molto provante, sotto molti aspetti: quello psicologico e mentale, quello fisico e quello economico. Ed è giusto dirlo, ed è giusto parlarne. Non lo si fa abbastanza, a mio avviso, perché guai lamentarsi o sfogarsi in questa società, non è ammesso. Ma condividere la stanchezza e la frustrazione non significa essere manchevoli in qualcosa, amare di meno o impegnarsi di meno nell’accudire.
Semplicemente, è importante condividere che vedere il proprio cane non essere più quello di un tempo, non riuscire più a fare le cose di prima, vederlo più stanco, più acciaccato, fare i conti con nuovi comportamenti, nuove paure e disagi, con una mente che non è più quella di prima, essere spettatore di sempre più invalidanti deficit fisici e cognitivi è immensamente doloroso e immensamente faticoso. Condiziona non poco la quotidianità e la vita, ti fa vivere spesso in apnea per la preoccupazione e per l’ansia, ti toglie il sonno e ti svuota letteralmente il portafoglio.
Sappiamo perfettamente tutti quanto le cure mediche siano onerose e quando il cane invecchia sono, nella maggior parte dei casi, destinate ad aumentare, non certo a diminuire. Insomma, non dico tutto questo per spaventare o deprimere, ma prima di adottare un cane bisognerebbe pensare anche a tutti questi aspetti meno felici, meno spensierati, perché il cane non si merita meno del massimo che possiamo fare, fino alla fine.
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